Apologia dell’indecisione

7 12 2011

L’indecisione: una malattia? Chi la conosce sa quanto questo sentimento possa imbavagliare e frenare i migliori propositi, rimandando costantemente le scelte importanti e condannando la persona dubbiosa a un precariato emotivo spesso duraturo. 

Stare nell’incertezza logora i nervi, è vero: eppure credo sia una vocazione. La mia, quantomeno. Non sono assolutamente intenzionata a diventare determinata nel perseguire le mie scelte. Preferisco essere costantemente aperta alle novità, ai cambiamenti di opinione, agli imprevisti e alle sorprese. Se all’improvviso smettessi di considerare tutti i pro e i contro e scegliessi d’istinto probabilmente sarei più serena e meno isterica. Le certezze fanno bene al cuore, fanno sentire al sicuro e annientano la paura di sbagliare. Credo però che rinunciare all’indecisione rischi di far perdere di vista qualcosa di epocale. Quasi sempre ciò che è davvero importante non è una scelta: spesso crediamo di desiderare qualcosa, poi mentre cerchiamo di realizzare i nostri obiettivi ci imbattiamo in qualcos’altro che scopriamo essere il nostro destino. O almeno, per me è sempre stato così. Le parti migliori della mia vita mi sono capitate per caso e sono frutto di inconsapevoli curiosità. 

Mi chiedono spesso perchè non prendo delle decisioni nette. Ho sempre pensato di essere biologicamente incapace a decidere: mi perdo nel considerare tutti gli aspetti di ogni alternativa e non riesco a rifiutare nettamente nessuna posizione. Riflettendoci meglio, però, la mia è proprio una scelta consapevole. Io NON VOGLIO scelte nette. Lascio che la vita faccia il suo corso attraversandola tutta con le mie contraddizioni permanenti perchè non penso tocchi a me decidere. Sono una fatalista, sì. Credo sia il solo modo di lasciare la porta aperta agli accadimenti casuali.

Non penso sia un caso, il fatto che molte religioni parlano di karma, provvidenza, destino, caso. In particolare la religione in cui credo ci chiede di affidarci al progetto che Dio ha per noi. E’ anche vero che il cristianesimo enfatizza molto la questione del libero arbitrio: è il singolo a decidere se vuole salvarsi o andare all’Inferno, Dio lascia l’uomo libero di autodeterminarsi. Credo però che questo non significhi avere la presunzione di scegliere da soli la nostra strada, ma anzi, che sia tutto il contrario. Siamo liberi di scegliere se fidarci di quello che è scritto per noi, lasciandoci guidare lungo il nostro personale cammino di salvezza, o se fare tutto da soli, con la presunzione tipica di crede di potersi costruire la vita che meglio crede con le sole proprie forze.  Ecco, io questo lo rifiuto categoricamente. E pazienza se i tempi della vita sono lunghi: il mio unico impegno è quello di interiorizzare e razionalizzare quello che mi circonda per capire da che parte andare.

C’è chi capisce al volo, io non sono tra quelli: ci metto anni, mesi, settimane a prendere una strada. Ho una passione smodata per i bivii, adoro la sensazione di avere più opzioni disponibili. Mi lascio guidare.  Non sono coraggiosa, probabilmente, ma è la vita che mi sono scelta e non la cambierò. 


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